Alessandro Pretto

nato a Thiene nel 1963 è scultore autodidatta, il suo talento artistico è come un diamante grezzo che sembra essere stato estratto dalle profondità della stessa roccia a cui è aggrappato il paese dove è cresciuto e dove lavora: Pedescala di Valdastico.

Un diamante grezzo, ovvero antico e puro. Antico poiché la poetica delle sue opere indaga l’umana natura nel suo intimo rapporto con la Madre Terra. Puro proprio perché non contaminato dagli accademismi.

Fin da bambino Pretto era un attento ascoltatore del sussurro del bosco. Rami, radici e  tronchi gli si rivolgevano svelandogli la loro forma più magica e segreta. Una prima parte del suo lavoro scultoreo infatti si ispira proprio al paganesimo e agli Spiriti di Natura. Pretto attinge quindi ad un immaginario popolato da animali, fauni e rappresentazioni simboliche degli elementi. Assistiamo poi ad una seconda stagione produttiva più matura in cui l’artista sembra invece voler rappresentare la profonda ferita dovuta alla separazione tra l’Uomo e il Pianeta che abita. Ne nascono figure maschili e femminili, rese con maestria morbide e sinuose, ma dilaniate nel corpo, ferite non solo nel fisico ma anche nello spirito. La mano dell’artista racconta un corpo che, nato dalla stessa forma lignea e quindi dalla terra Madre, si porta addosso una ferita di abbandono e di tradimento. Ed è proprio la ferita la protagonista dell’opera di Pretto.

Ferita che come una porta si affaccia sull’interno svelando il lato oscuro e profondo di una umanità sofferente per il distacco, per la separazione causata da una società senza memoria che aggredisce e violenta la Natura da cui proviene.

Ferita che come una porta non solo ci fa entrare all’interno, ma sprigiona con potenza un urlo di denuncia.

E come può un artista che ascolta la Natura non essere un ribelle?

Alcune sculture, tra cui l’opera vincitrice del sedicesimo Simposio del Tesino, sono legate con corde. Corpi costretti e immobilizzati d lacci sottili e implacabili, eppure quella tensione sottende un movimento di una morbidezza che diviene sconcertante proprio per la sua natura opposta alla violenza. Infatti Pretto racconta corpi sinuosi, creati con amore e delicatezza, esseri umani che nonostante tutto non dimenticano di essere portatori del divino, talvolta con fattezze angeliche creature corse in aiuto di una umanità che non può e non vuole dimenticare di essere parte di un unico, magico Universo.

Alessandra Lanfredi
tratto dal volume Luci ed Ombre del Legno, 12a edizione

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